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Cannoni Italiani contro le mura di Roma

Il 31 marzo prossimo si chiudono le celebrazioni del 150° anniversario di Roma Italiana


A causa delle preclusioni sanitarie, le usuali manifestazioni sono state ridotte e così la partecipazione del pubblico, rispetto a quelle organizzate negli anni passati, in particolare dai Bersaglieri e dagli Artiglieri, che della fatidica data del 20 settembre 1870 sono stati i protagonisti.
Ricordo la grande giornata del Centenario, 20 settembre del 1970, quando feci parte della rappresentanza degli Ufficiali in Congedo con la Bandiera dell'Artiglieria all'Altare della Patria, tra ali di folla entusiasta.

Cinquant'anni dopo, la storia si ripete, purtroppo senza pubblico.
Si rievocano come di consueto le stesse gesta, ma c'è una cerimonia in più: la collocazione di una targa emblematica.
E in merito a ciò, stavolta non riproporrò la solita storiografia consolidata: mi limiterò a qualche precisazione sui fatti d'arme.

Il Papa, come sappiamo, riteneva legittimo il suo "imperio" sulla Capitale della Cristianità, quale erede della Donazione di Costantino, e rifiutava di cedere all'aggressione di una "potenza straniera" che voleva farne la capitale del suo Stato.
Era questa, infatti, una necessità ormai obbiettivamente improcrastinabile.
Per realizzarla, però, occorreva agire esercitando una violenza illegittima verso uno Stato sovrano e senza neppure una dichiarazione di guerra, approfittando della situazione politica che assicurava il silenzio complice delle potenze europee.

Azione neppure tanto "eroica", in quanto lo Stato Pontificio era difeso da una "forza armata" di 17mila uomini (in maggior parte truppe raccogliticce e volontarie) e con scarsi antiquati pezzi di artiglieria, e si trovò ad essere assediato da un formidabile esercito di 60mila soldati regolari, truppe scelte, con 114 cannoni moderni e una logistica efficientissima.
Tale schieramento sovrabbondante doveva servire per dare al nemico una dimostrazione di forza, dissuadendolo dalla resistenza.

Il piano strategico per l'attacco all'Urbe, programmato nei minimi particolari, prevedeva la disposizione delle batterie di artiglieria in modo da poter abbattere la cinta muraria nella parte meno resistente, cioè a destra di Porta Pia.
A tal fine era stata destinata la 2ª Brigata di Artiglieria che aveva collocato le tre Batterie del 9° Reggimento per dirigere il tiro sull'obbiettivo da diverse posizioni tra Villa Albani e Villa Torlonia.
I cannoni in dotazione erano stati opportunamente modificati nel calibro (mm.121,2 invece che 95,9) per avere maggior potenza dirompente.

Pio IX aveva minacciato però la scomunica a chi avesse osato sparare il primo colpo sulla Capitale della Cristianità e nessuno degli aggressori era disposto a rischiare tanto: occorreva trovare qualcuno che se ne assumesse la responsabilità.
Fu destinato dunque a tale compito il Comandante della 5ª Batteria Capitano Giacomo Segre, il quale in quanto ebreo non temeva la scomunica. I suoi cannoni, sistemati di fianco alla via Nomentana sul lato opposto a Villa Torlonia, avevano il compito di procurare la breccia.
I tiri diretti, precisi e potenti, cominciati alle 5,20 del 20 settembre, nel tempo di quattro ore avevano causato una larga spaccatura fra il terzo e il quarto torrione, circa 100 metri a destra della Porta.

Le altre due Batterie avevano completato lo sgretolamento con tiri in arcata, provocando lo sgombero dei difensori e ottenendo l'apertura sufficiente per l'assalto dei fanti.
L'attacco delle truppe fu effettuato da destra e da sinistra della breccia, contemporaneamente dai fanti e dai bersaglieri. Contrariamente a quanto ormai consolidato dalla vulgata, in realtà i primi ad entrare furono i fanti del 19° Reggimento, seguiti dai bersaglieri del XXXIV Battaglione.
Ma furono questi ultimi a far colpo sul popolo sia per i loro cappelli piumati che per la loro irruenza.
Il merito della riuscita dell'azione che permise l'entrata delle truppe italiane a Roma senza troppo spargimento di sangue (48 morti italiani, 19 pontifici) fu senza dubbio dell'encomiabile precisione di tiro della 5ª Batteria del Capitano Segre, il quale ottenne per questo la Medaglia d'Argento al Valor Militare "Per la splendida direzione data al fuoco della sua Batteria", che dovette però contare 3 Caduti e 4 feriti.

Dopo 150 anni il giusto risalto all'azione di questi uomini viene riconosciuto con l'apposizione di una targa ricordo nel luogo esatto dove si svolse, identificato oggi nel giardino interno del fabbricato di via Nomentana 131.
All'epoca si trattava di una radura tra gli alberi di una vicina osteria campestre, distante circa 400 metri in linea d'aria dalle Mura.

L'edificazione successiva del quartiere Nomentano ha visto sorgere grandi complessi abitativi secondo la concezione urbanistica del tempo; ma proprio in quel punto esatto, tra palazzi enormi, è rimasto quel nucleo verde che consiste nel giardino condominiale del comprensorio.
Nella monumentale arcata dell'ingresso è stata posta la targa dove si può leggere la motivazione del ricordo.
E la cerimonia alla presenza delle autorità cittadine e militari si è svolta, pur se nei minimi termini, con la salva del cannone originale che proprio da quel sito aveva tirato sulle Mura di Roma.
Protagonista, ancora una volta, l'Artiglieria, che ha presenziato con i suoi rappresentanti in servizio e con l'Associazione Artiglieri d'Italia.

Bando alla retorica da una parte e alle recriminazioni dall'altra, l'episodio fa parte dell'epopea del Risorgimento Italiano: come tale lo ricordiamo e ci auguriamo di essere tutti ancora lì per festeggiare i 200 anni di Roma Capitale, nel 2070.


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 181/2021


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