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Le più belle Olimpiadi della storia

La bellezza di sessant'anni fa, dico 60, a quest'epoca, si erano appena chiusi i Giochi della XVII Olimpiade.


Quest'anno poteva toccare di nuovo a noi, a Roma, ma la gestione comunale ha deciso di non ripresentare la candidatura e forse è stato un bene: primo perché la Città non era assolutamente preparata ad un evento del genere, secondo perché comunque le Olimpiadi non si sono svolte per tema dell'epidemia.
E così, purtroppo, non rivivremo più un'esperienza entusiasmante come quella del 1960, anche se Roma dovesse candidarsi nuovamente: troppo diversi erano i tempi, l'atmosfera di rinascita, la bellezza incantevole dell'Urbe, i lavori splendidamente progettati ed eseguiti, l'allegria degli atleti e della gente, il rispetto per le regole e per le istituzioni. Lo dico con nostalgia e malinconia, perché allora avevo quasi quindici anni e due anni prima ero stato selezionato nella leva di nuoto indetta dalla Lazio per formare gli atleti che avrebbero fatto parte della Nazionale.
Non entrai nel novero, ma ebbi la gioia di allenarmi insieme ai più grandi campioni, come Angelo Romani, Paolo Pucci, Fritz Dennerlein, Carlo Pedersoli (non ancora Bud Spencer), nella piscina del Foro Italico e in quella dello Stadio Flaminio che ancora doveva essere inaugurato.
E avevo visto sorgere e crescere, sulle rovine del demolito "Campo Parioli" (accozzaglia di baraccamenti per sfollati del dopoguerra), quella magnifica e geniale struttura che ospitò gli atleti di tutto il mondo in modo incomparabile e servì poi, e serve ancor oggi, come quartiere di abitazioni medio borghesi: il Villaggio Olimpico.

Non abbiamo più oggi architetti e ingegneri come quelli di allora, che avevano progettato ed eseguito opere memorabili come lo Stadio Olimpico, lo Stadio Flaminio, il Palazzo dello Sport, il Velodromo, il Palazzetto dello Sport, il Viadotto di Corso di Francia, la via Olimpica oggi affidiamo la nostra Roma, o il suo scempio, ad archistar autogratificanti e straniere, non ci sono più i vari Nervi, Piacentini, Libera, Del Debbio, Costantini, Luccichenti, Monaco, Vitellozzi, Moretti, Cafiero, Frisa, Roccatelli, Brasini.
E nessuno ha più la preparazione storica e culturale di quegli organizzatori geniali, che avevano previsto le cerimonie, le eliminatorie e le gare nei luoghi più suggestivi della storia, della natura e del paesaggio, cosa che nessun'altra città avrebbe potuto predisporre.
Quell'Italia semidistrutta dai bombardamenti e sfinita dalla guerra civile, dai razionamenti e dalle occupazioni di eserciti stranieri, nello spazio di poco più di un decennio era risorta e si avviava ad essere una delle nazioni più efficienti e rispettate.
Usando braccia, nervi, testa e cuore si erano ricostruiti palazzi, quartieri e città, si erano ristrutturate industrie e fabbriche, si era ricreata lagricoltura insieme alla letteratura, allo spettacolo, alla musica, allo sport.
E si aveva una gran voglia di farsi di nuovo rispettare, di vincere, di conquistare.
Infatti lo sport, il protagonista delle Olimpiadi, era diventato anche spettacolo, anche architettura, anche urbanistica, oltre che agonismo.

Avevamo lo stadio più bello e unico al mondo, quello Stadio dei Cipressi concepito da Del Debbio nel progetto del Foro Mussolini del 1928, rielaborato da Frisa e Pintonello nel 1932, teatro di manifestazioni oceaniche e divenuto Stadio Olimpionico nel 1937, poi sventrato dai carri armati americani, quindi ricostruito nel 1953 come Stadio dei Centomila, e infine completato con l'invidiabile Tribuna Stampa e d'Onore per le Olimpiadi.
A fianco, lo Stadio dei Marmi con le sue spettacolari 60 statue di contorno, i campi da tennis e le nuovissime piscine scoperte dello Stadio del Nuoto. Alti tralicci portavano centinaia di lampade d'illuminazione e nuovi enormi tabelloni luminosi segnalavano i risultati in tempo reale.
Lo spettacolare Palazzo dello Sport, tutto vetrato, detto anche "Disco volante", e il Velodromo ospitavano altre gare all'Eur.
Al Flaminio, le concezioni architettoniche in calcestruzzo armato di Nervi avevano dato vita, a fianco all'avveniristico Viadotto, allo Stadio Flaminio e al Palazzetto dello Sport.

Nell'interno delle Terme di Caracalla, della Basilica di Massenzio e del Colosseo si svolgevano altri eventi agonistici e sotto l'Arco di Costantino correvano i maratoneti.
Piazza di Siena a Villa Borghese ospitava le gare di equitazione.
Tutti gli eventi furono spettacolari e l'impegno dei nostri atleti fu premiato da entusiasmanti vittorie. Una ferrea organizzazione permise che tutto si svolgesse senza alcun incidente, che la stampa avesse tutti i mezzi disponibili nelle tante postazioni, che le riprese televisive trasmettessero in diretta le fasi più spettacolari delle gare, sull'unico canale della RAI.

Il tedoforo Gianfranco Peris accese con la sua torcia il braciere olimpico tra le ovazioni di una folla attonita e composta.
Il pluricampione discobolo Adolfo Consolini lesse il Giuramento Olimpico, ascoltato in piedi dal Presidente della Repubblica Gronchi e dal Ministro Andreotti, tra applausi commossi.
Una sfilata interminabile di 5.338 atleti, di cui 611 donne, rappresentanti di 83 nazioni, nelle variopinte divise, occupò lo Stadio.

Per la prima volta sfilarono i 400 portatori di handicap, che parteciparono, come previsto dal nuovo regolamento del 1958, alle Paralimpiadi, che si sarebbero svolte nel nuovissimo Centro Sportivo dell'Acqua Acetosa.
Le gare si susseguirono senza tregua e con un seguito di folla mai verificatosi. Il pubblico si spostava da una parte all'altra di Roma per seguire le vittorie del velocista Berruti, del ciclista Gaiardoni, dei pugili Benvenuti, Musso e De Piccoli, del cavaliere D'Inzeo, dello schermidore Delfino, delle squadre di pallanuoto, di scherma, di ciclismo:
13 medaglie d'oro, ma anche 10 d'argento e 13 di bronzo. Terzo posto, dopo URSS e USA. Una storia ineguagliabile, per lo sport, per l'Italia, per Roma.

Come riconosciuto da tutto il mondo, sono state le più belle e più sane della storia, e le ultime Olimpiadi romantiche, prima del mercimonio attuale dello sport.


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 180/2020


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