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La fine dello stadio dei Marmi

Tra le meraviglie di Roma era annoverato un insieme architettonico, urbanistico, artistico e naturalistico inimitabile: il Foro Italico


Fra i tanti “pezzi unici” di quel complesso, come il Monolite o la Sfera, il più spettacolare era lo stadio dei Marmi, definito universalmente da visitatori e atleti come il più bello del mondo.
Su questo mi soffermerò, in quanto nutro seri dubbi che possa tornare al suo fulgore, dopo i lavori che si stanno compiendo al suo interno per attuare il progetto demenziale di costruirvi campi da tennis e relative tribune per migliaia di spettatori.

I campionati di tennis attireranno pubblico internazionale, e la proprietà del complesso (la società Sport e Salute) avrà introiti spettacolari, per cui è difficile credere che alla fine delle gare i tralicci invasivi saranno tolti e lo stadio riapparirà come lo conoscevamo.

Un precedente si era verificato più di dieci anni fa quando fu elevata, accanto all’Accademia della Scherma, l’invasiva struttura d’acciaio del Centrale del Tennis, spacciandola per amovibile, in spregio alla normativa esistente, a cominciare dalla legge Bottai (1089/1939) per la tutela dei beni culturali.
Subito dopo, vista l’affluenza di pubblico pagante, avevano costruito sul viale dei Gladiatori il Grand Stand Arena, specie di circo in ferro e plastica, sempre provvisorio, via via sempre più ingrandito.
Ma lo scempio era già cominciato negli anni ‘80 con la trasformazione della Casa delle Armi in bunker per i processi di mafia, e pochi anni dopo, per i campionati di Italia ’90, avevano operato lo stravolgimento del nostro vanto nazionale, lo Stadio Olimpico, proditoriamente snaturato per aumentarne la capienza, semidistrutto e mutato irrimediabilmente in una “torta di panna”, o “corona di spine”.
Quello glorioso che, nato nel 1927 come Stadio dei Cipressi opera di Enrico Del Debbio e via via modificato con le varianti del progetto di Luigi Moretti nel 1933 e nel 1937, divenuto poi rimessa per i carri armati americani nel 1944, era tornato finalmente allo splendore con le ristrutturazioni del 1953 come Stadio dei Centomila ospitando nel 1960 le nostre magnifiche Olimpiadi.

E ora tocca allo Stadio dei Marmi, rimasto finora miracolosamente indenne, oggi invaso da un cumulo di ferraglia in procinto di trasformarsi in un altro spettrale invaso per ricavare tribune da stipare di pubblico, sfruttando l’odierno successo dei tennisti italiani.

Questo stadio era concepito come parte integrante dell’Accademia di Educazione Fisica voluta nel 1927 da Renato Ricci, sottosegretario all’Educazione Nazionale e fondatore dell’Opera nazionale Balilla: luogo di sport e di attività fisiche aperto liberamente a tutti.
Progettato da Del Debbio, fu costruito tra il 1928 e il 1932, secondo i modelli dell’antica Grecia, usando la naturale depressione del terreno ed edificando tribune che restassero incassate senza intaccare la visione del verde paesaggio naturale. Il campo agonistico è all’altezza del piano golenale originale, 15 m.s.l.m., sei metri sotto il livello del terreno circostante delimitato dal gradino più alto delle tribune, sul quale appoggiano le sessanta statue di candido marmo di Carrara, offerte dalle Province d’Italia, che immortalano atleti nelle diverse attività sportive.

Gran parte degli autori, artisti più o meno giovani e famosi, era originaria di Carrara, Viterbo, Firenze, e furono presi a modello autentici atleti provenienti da tutte le formazioni sportive militari e civili d’Italia, creando statue alte quattro metri, poste su piedistalli rotondi dello stesso marmo di due metri di diametro e alti m. 1,20.
Anche i dieci ordini di gradinate sono in marmo: ne sono state utilizzate circa 8400 tonnellate, proveniente dalle cave delle Alpi Apuane, dando grande impulso all’attività estrattiva della zona: solo per il trasporto di questi blocchi sono serviti più di 500 carri.
L’uso di questo materiale riusciva a ricreare l’atmosfera grandiosa della Roma imperiale ben inserito nell’ambiente naturale.

Il campo ha una superficie di 14.000 metri quadrati e misura 203 per 83 metri; le gradinate possono contenere più di 5000 spettatori.
La tribuna d’onore è situata al centro della gradinata nord e vi si può accedere anche da un cunicolo carrozzabile sotterraneo.
Un mosaico di 150 metri quadrati a tessere bianche e nere accoglie gli atleti sul pavimento della corsia di accesso: è opera di Angelo Canevari, e rappresenta figure di atletica leggera.
Due statue bronzee sono poste ai lati dell’ingresso centrale, altre due ai lati della tribuna d’onore.
Era destinato soltanto agli esercizi ginnici degli allievi e a manifestazioni di atletica leggera: il risultato è una struttura unica al mondo: espressione di potenza, eleganza, modernità classica, razionalismo, naturalismo.

Auguriamoci di essere stati pessimisti e di poterlo rivedere com’era fino all’inizio del 2025… ma purtroppo nella Roma d’oggi tutto ciò che si dichiara provvisorio è destinato a rimanere, e se possibile peggiorare, senza speranza nella protezione delle leggi pur in vigore.


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 207/2025


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