@contatti|sitemap| LOGIN|
News condominio

News condominio

Notizie utili per l'Amministratore di Condominio

Natale romano, ieri e oggi

Nella speranza e con l'augurio che questo Natale sia molto migliore degli ultimi passati, ricordiamo con affetto la festività come era vissuta nell'"altra Roma", quella di un tempo che fu, della quale è rimasto lieto e nostalgico ricordo


Da noi la tradizione imponeva un cerimoniale imprescindibile, che ha avuto un calo dopo l'annessione al regno d'Italia e ancor di più quando sono entrate in ballo le usanze "straniere", come l'albero di Natale.
Una volta era d'obbligo la visita al Santo Bambino di S.Maria in Aracoeli e ai presepi nelle varie chiese, specie quello a S.Maria Maggiore, il più antico del mondo, opera di Arnolfo di Cambio nel 1291.
Il presepio - che vuol dire "la mangiatoia cinta con una siepe" - era un classico che oggi, con raccapriccio, confrontiamo con quelli moderni futuristi e indefinibili, come ci propinano anche a piazza san Pietro.

Era uso deliziarsi l'udito al suono dei piferari, che venivano dall'Abruzzo con cioce, mantelloni, zampogne e pifferi e giravano imperterriti per strade e vicoli, tra i guaiti dei cani e il tintinnio di monete gettate dalle finestre.
A piazza Navona il mercato e le bancarelle erano affollati di grandi alla ricerca di regali e statuine per il presepio, e piccoli attirati dai dolciumi, dai giocattoli, dalle giostre e dallo zucchero filato.

Si mettevano da parte i risparmi, per non sfigurare al cenone della Vigilia, che era la festa più importante e attesa.
I ricchi nobili e i potenti prelati venivano omaggiati con provviste e forniture che assicuravano una cena d'eccellenza.
Lo descrive bene Giuseppe Gioachino Belli nel sonetto del 30 nov. 1832:

La Viggija de Natale
Ustacchio, la viggija de Natale
tu mettete de guardia sur portone
de quarche monziggnore o cardinale,
e vederai entrà sta priscissione:
mo entra una cassetta de torrone,
mo entra un barilozzo de caviale,
mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
e mo er fiasco de vino padronale.
Poi entra er gallinaccio, poi l'abbacchio,
l'oliva dorce, er pesce de Fojjano,
l'ojjo, er tonno, e l'inguilla de Comacchio.
Inzomma, inzino a notte, a mano a mano,
tu lí t'accorgerai, padron Ustacchio,
cuant'è divoto er popolo romano.

La vigilia prevedeva il pasto di magro, e anche il popolino non si trattava male.
Per cominciare ad aprire l'appetito, un umido di storione, che all'epoca si trovava nel Tevere e poteva arrivare a oltre 100 chili, e che forniva anche le uova per le tartine (il caviale).
Poi un guazzetto di "triglie e polipetti", accompagnato dal capitone, l'anguilla marinata o arrostita nello spiedino tra fette di pane e foglie di alloro.
L'immancabile pasta asciutta era obbligatoriamente condita col sugo di tonno, che veniva sminuzzato in padella con acciughe, aglio e olio e con vino bianco, con l'aggiunta di qualche filetto di pomodoro, capperi e olive nere, infine cosparso di prezzemolo tritato.
Poi diverse qualità di pesci, dei quali i più pregiati provenivano dal lago di Fogliano, ma andava bene anche Bolsena: in umido, accompagnati da broccoli lessi e misticanza, oppure arrosto al forno con patate.
Tutto accompagnato dal migliore vino dei Castelli e dal pregiato vino di Orvieto, riservato alle occasioni importanti.

E alla fine, per la gioia dei bambini e dei grandi, i dolci: il pangiallo, il panpepato e il torrone.
E allora si passava al Cannellino di Marino o della Badia di Grottaferrata, e, per concludere, al rosolio o al visciolato, magari fatti in casa.
Non c'erano panettoni d'importazione lombarda ripieni di creme o frutti esotici, non c'erano torroni artefatti, non si beveva CocaCola, né spumanti millesimati.
Si brindava con la "romanella", il vino nuovo lasciato fermentare in bottiglia, dolcetto e frizzantissimo, che inebriava fanciulli e signore.

Il giorno dopo, il pranzo di Natale vedeva arrivare la carne in abbondanza: un pentolone dove emergevano quarti di cappone forniva il brodo per i cappelletti, fatti dalle donne di casa o comprati al pastificio di fiducia.
Poi tra gli applausi dei convitati appariva il trionfo di tacchino arrosto, contornato da patatine e frutti colorati.
Il tacchino poteva essere sostituito - o integrato - da un abbacchietto, che non pesasse oltre i due chili, in teglia al forno, lardellato e cosparso di rosmarino.
Ma poteva essere presente, per i più pretenziosi, anche un maialino da latte, legato e arrostito in porchetta, con la classica mela in bocca.

E di nuovo dolciumi di ogni tipo, di caramello, di zucchero glassato, e datteri e fichi secchi, e sempre vino a volontà.
E, specialmente, famiglia unita e allegria!

In questo lieto ricordo, e con l'augurio che anche la tavola di questo Natale sia per tutti accogliente e ben fornita, auguriamo "Buone Feste" ai nostri lettori!


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 192/2022


News sul condominio

Leggi e Sentenze

Le novità introdotte dal D.Lgs. 18/23

La verifica delle acque destinate al consumo umano: potabilità e Legionella. Nuovi adempimenti a carico dell'amministratore di condominio

Eventi e Convegni

***Prossimi Appuntamenti

Cerca L'Amministratore di condominio

Seguici su Facebook