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Notizie utili per l'Amministratore di Condominio

Uno sconosciuto monumento aeronautico

Lo troviamo seminascosto tra i reticolati e i cespugli incolti che invadono lo strettissimo e sconnesso marciapiedi, ricettacolo di immondizie ataviche, che delimita la via Cassia


Due grandi platani lo stringono ai lati e un ailanto abbarbicato a un pinastro lo cinge alle spalle.
Di fronte, estremo insulto, un palo grigio dell'illuminazione stradale.
Rari i passanti, in fila per uno, mentre le auto incolonnate aspettano di superare l'ingorgo tra via Cassia e via Cortina d'Ampezzo.

Siamo quasi di fronte a via di villa Lauchli, ecco il nostro piccolo monumento funebre, un cippo, di forma vagamente piramidale, costituito da una roccaglia di pietre calcaree sulla quale spiccherebbero, se fossero pulite, due targhe in memoria di un avvenimento che fece scalpore più di un secolo fa.
Infatti in quel punto esatto, domenica 2 giugno 1907, cadde un aerostato, e vi perse la vita l'unico componente dell'equipaggio, il Capitano Arnaldo Ulivelli, della Brigata Specialisti del Genio di stanza al Forte Trionfale di Monte Mario.

Oggi un evento simile non desterebbe tanto scalpore, ma all'epoca si era agli inizi dell'era aeronautica e ancora l'elica, le ali e il motore non avevano preso il sopravvento sul "più leggero dell'aria".
Perciò si trattò della prima tragedia legata all'uso militare del pallone aerostatico, il futuro dirigibile, e del primo Ufficiale che ne rimaneva vittima durante un'esercitazione.
La giornata - era la Festa dello Statuto - aveva avuto inizio nel Poligono di Tiro della Farnesina, situato nella piana golenale del Tevere poco a valle di Ponte Milvio, dove oggi si erge il Ministero degli Esteri (progettato come Casa Littoria nel 1939).
La zona, alle pendici di Monte Mario che vi faceva da sfondo con le sue balze selvatiche, era allora ancora Riserva di Caccia Reale (solo nel 1927 Renato Ricci sarebbe riuscito ad ottenerla per realizzare la spettacolare Accademia di Educazione Fisica divenuta Foro Mussolini, poi Italico).
Nel Poligono dal 1882 si svolgeva la competizione internazionale Gara Generale di Tiro a Segno.
In quel 1907 se ne celebrava la XXV edizione, con il risalto dovuto oltre che al centenario della nascita di Garibaldi, anche alla partecipazione del Re d'Italia e consorte.

Sulla riva opposta, sotto le pendici di Villa Glori, si trovava una vasta golena pianeggiante, quella che avrebbe accolto negli anni Sessanta il Villaggio Olimpico, ma era allora soltanto una grande spianata dove si svolgevano le esercitazioni militari.
E proprio lì, ancorato a 20 m. dal suolo, un pallone aerostatico di 240 mc., al quale era appesa la "cabina", consistente in un contenitore di vimini, aspettava l'uscita dei Reali dal Poligono.
In quel momento il Capitano Ulivelli, Comandante la II Compagnia Specialisti, unico conduttore alloggiato nel cesto, avrebbe dato l'ordine di mollare gli ormeggi prendendo il volo.

Tutto avvenne come previsto, nonostante le condizioni meteorologiche stessero peggiorando.
Il Capitano Ulivelli era un esperto, alla sua decima ascensione libera, pur se i mezzi erano ancora primordiali.
Alle 11,10 dette il comando "lasciate", e il pallone si alzò velocemente fino a 200 metri di altezza.
Una improvvisa folata di vento lo lanciò oltre i 500 metri, forse fino a 900.
A quell'altezza il pallone si trovò a contatto con le nubi cariche di elettricità: da terra si vide un lampo e le fiamme che avvolgevano l'involucro.
La stoffa del pallone bruciò in pochi istanti e la navicella con il pilota precipitò, appena frenata dall'involucro stracciato, dall'urto contro un filo telegrafico e poi dalla folta vegetazione sottostante.
L'impatto fu comunque violentissimo e il Capitano, pur immediatamente soccorso e trasportato in automobile all'ospedale di San Giacomo, sopravvisse solo poche ore.
Il fatto ebbe enorme risonanza sulla stampa e nella società dell'epoca, in quanto il Capitano Ulivelli era stato compagno di corso del Re al Collegio Militare di Roma.
Era un giovane trentaseienne di bell'aspetto, alto e biondo, forte, serio, stimato e benvoluto dai suoi colleghi e dai soldati; lasciava una giovane moglie amatissima e il cordoglio del suo paese natale, Cetona, che gli avrebbe dedicato una targa.
La salma fu trasportata con grandi onoranze pubbliche dal San Giacomo lungo il Corso e via Nazionale alla Stazione Termini e poi alla Tiburtina, sempre accompagnata da una gran folla, quindi in treno via Chiusi a Firenze, dove fu sepolta nel cimitero di San Miniato.

Sul luogo della caduta fu eretto il modesto monumento che ancor oggi si intravvede, e da allora, per più di ottant'anni, ogni 2 giugno vi si è svolta una cerimonia militare di commemorazione.
Si trattava pur sempre del primo Ufficiale italiano morto a causa del volo, e nessuno avrebbe sospettato, all'epoca del fatto, che di lì a pochissimi anni la carriera di Soldato dell'Aria avrebbe portato all'Italia e al mondo schiere di eroici Caduti.

Poi, come era da aspettarsi, le commemorazioni sono cessate e il piccolo monumento si barcamena oggi tra il degrado, l'abbandono e qualche saltuaria pulizia in particolari occasioni di ricorrenze.
Sempre nell'attesa che una prossima amministrazione sia un pò più attenta anche ai ricordi epici della nostra storia.

Il ricordo del Capitano, comunque, resta oltre che nella sua città natale anche a Roma, dove il Forte Trionfale, dal gennaio 1921, ha assunto la denominazione di Caserma Arnaldo Ulivelli.

La navicella di vimini e i resti dell'aerostato, la divisa e la sciabola del Capitano Ulivelli sono tuttora visibili nell'interessante Museo del Genio al Lungotevere della Vittoria 31, sempre troppo poco frequentato nonostante sia gratuito e con ampie possibilità di parcheggio, ricco di memorie storiche, materiali didattici e reperti insospettabili.


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 190/2022


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