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Bòtti e polveriere

Reduci dai "botti di Capodanno", con le usuali deprecabili conseguenze, riflettiamo sul fatto che i fuochi artificiali e gli effetti pirotecnici fanno parte della recente storia dell'uomo.


Le polveri piriche sono state inventate dai cinesi, poco dopo l'anno Mille, mescolando zolfo, carbone e salnitro; portate in Europa dagli Arabi furono adoperate in Italia alla fine del Trecento.
A Roma, usate fin dal 1410, ebbero il loro grande successo quando fu messa in opera la Girandola di Castel Sant'Angelo: un fuoco d'artificio disegnato da Michelangelo Buonarroti per i festeggiamenti dei santi Pietro e Paolo, con fuochi allestiti sopra all'ingresso di Castel Sant'Angelo a formare una girandola che aveva termine con una fontana zampillante su tutto il monumento.
Fu perfezionata dal Bernini che la volle "vomitante fiamme e foco come lo Stromboli", attento più all'effetto visivo che non a quello sonoro (come oggi): migliaia di razzi che scagliavano "fiumi di luce", e l'effetto cromatico era studiato attentamente perché la sequenza dei lanci non doveva confondere l'iride.

Nel 1886 lo spettacolo venne interrotto per motivi di "salute pubblica".
In poche parole, il nuovo "padrone piemontese" stava togliendo via via ai romani tutte le feste tradizionali per la sua sicurezza (usanza non nuova, anche in tempi moderni): il carnevale, i moccoletti, la corsa dei barberi, le corride di Testaccio, i fuochi artificiali, insomma tutto ciò che era godereccio per il popolo era ormai vietato.
Finalmente nel 2006 lo spettacolo viene riesumato, stavolta sul Colle Vaticano, in occasione dei 500 anni di fondazione della Guardia svizzera pontificia.

Ma la svolta si ha il 24 maggio del 2008, quando finalmente avviene la "Rievocazione storica della Girandola di Michelangelo a Castel Sant'Angelo", ideata, progettata e realizzata da Giuseppe Passeri, finanziata dal Gruppo IX INVICTA, avallata dalla Soprintendenza Speciale PSAE per il Polo Museale di Roma e patrocinata dal Pontificio Consiglio della Cultura (senza alcun riscontro dal Campidoglio), che si svolge come nelle origini a Castel Sant'Angelo.
Nel 2016 viene spostata sulla terrazza del Pincio, di fronte a Piazza del Popolo (sempre per questioni di sicurezza), ma torna a Castel Sant'Angelo nel 2021 come spettacolo pirotecnico in occasione della festa dei patroni di Roma, san Pietro e Paolo, il 29 giugno.


Castel Sant'Angelo, edificato come sepolcro, poi castello difensivo, quindi fortezza e poi prigione, aveva avuto anche la soddisfazione di ospitare fin dal Medioevo una tra le "cose meravigliose" di Roma.
Gli esplosivi hanno sempre accompagnato sia battaglie che feste: come ordigni bellici, come realizzazioni pirotecniche.
Gli esplosivi classici sono ancora usati nonostante il progresso della scienza militare, i fuochi artificiali sono sempre attuali e pare che oggi vengano usati anche per segnalare non più solo festeggiamenti, ma anche eventi di malavita (scarceramenti di camorristi, uccisioni di avversari, arrivi di partite di droga ecc.).
Buona parte dei giuochi pirotecnici, quelli forse più pericolosi, arrivano già preparati dalla Cina; gli esplosivi bellici provengono dalle polveriere rimaste in Italia, oggi poche rispetto solo a qualche decennio fa.
Stabilimenti e depositi di materiali altamente pericolosi per il loro contenuto esplosivo sono oggetto di stretta sorveglianza per evitare attentati e per la sicurezza interna, dati i non pochi tragici precedenti che anche a Roma ebbero protagoniste alcune polveriere nonostante la loro distanza dalle abitazioni.

I piemontesi, preso possesso dell'Urbe, temendo ritorsioni o addirittura un'invasione da parte dei Francesi difensori del papato, avevano disposto la costruzione, tra il 1877 e il 1891, di 15 forti e 4 batterie a difesa del perimetro urbano, a pochi km dalle Mura: costituivano una cintura di fortezze dotate di artiglierie atte a coprire tutto il perimetro con tiro incrociato.
Oggi sono in maggior parte strutture dismesse e inutilizzate, ma allora erano anche sede di polveriere, cioè depositi di munizioni ed esplosivi.
Per fortuna erano state poste fuori della cinta urbana, non come ai tempi della Roma papalina che aveva un suo deposito di polveri da sparo all'interno di Castel Sant'Angelo, e poi nei fabbricati a via della Polveriera, tra il Celio e il Palatino.

Il 4 novembre 1694 vi si verificò una grande deflagrazione: "all'improvviso diroccò tutto l'edificio della polveriera in Campo Vaccino...".
I grandi depositi furono poi spostati dai Francesi tra il 1798 e il 1809 negli scavi sotto le Terme di Tito, praticamente sopra la Domus Aurea, dove rimasero fino al 1880 circa.

Anche la Polveriera di Monteverde, nel forte Portuense, fu coinvolta in una esplosione il 23 aprile 1891: conteneva 285 mila chilogrammi di esplosivo rispetto ai 233 mila previsti: cause sconosciute (atto anarchico, negligenza nella vigilanza, le vibrazioni della ferrovia Roma - Civitavecchia?).
I danni furono ingentissimi, alle cose e alle persone, fino in città: crolli di vetrate e muri di chiese e alcuni morti tra le centinaia di persone coinvolte, tetti crollati a chilometri di distanza e vetri danneggiati fino a Tivoli e ai Castelli.

Il fatto più tragico avvenne la sera del 24 agosto del 1917: una spaventosa esplosione distrusse la polveriera della Caserma Appia, ex Forte dell'Acquasanta.
Si contarono oltre duecento morti tra i giovani soldati, i resti di molti resi irriconoscibili. Il segreto di Stato coprì le indagini per evitare responsabilità tra i vertici militari che avevano destinato al servizio in polveriera soldati inesperti invece di specialisti artificieri.
Un testimone oculare confessò due anni dopo che l'ufficiale incaricato del collaudo si era rifiutato di approvare spolette difettose, ma i superiori lo avevano sostituito con uno impreparato che aveva avallato il materiale esplosivo nonostante fosse deteriorato.
E come al solito, tutto finì lì.


Sandro Bari, Direttore Rivista "Voce romana" © Riproduzione riservata
Dossier condominio 199/2024