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Febbraio 1849: La Repubblica Romana
Dopo aver celebrato il trentennale di Dossier Condominio, ecco affacciarsi un altro anniversario: i 150 anni di Roma Capitale. Ma ce lo riserviamo come piatto forte, partendo dagli antefatti: nel febbraio del 1849 si andava costruendo la base per la futura unità intorno alla capitale designata dal
Dopo i moti dell’anno precedente, dopo l’infatuazione per le riforme costituzionali e per le pretese e presunte liberalità dei sovrani d’Italia, da Carlo Alberto a Pio IX, da Ferdinando II a Leopoldo II, dopo carte costituzionali e statuti promessi, dati e ritirati, a Roma il gruppo dei non rassegnati riesce a far fuggire il papa, che va a ritirarsi a Gaeta, invocando protezione e assistenza dagli altri regnanti limitrofi.
Sono i prodromi della Repubblica Romana, a suo modo gloriosa quanto effimera.
Le premesse ci sono: gli uomini, l’entusiasmo, le idee. In una città abbandonata a se stessa senza l’atavica divina presenza protettrice del pontefice, la nobiltà è divisa sulla parte da prendere, i pochi borghesi e gli artigiani sono indifferenti, il popolino come sempre si invaghisce nel nuovo e del trasgressivo, chi vuole menar le mani ha la sua buona occasione, i programmi rivoluzionari fermentano non più nelle cantine ma nelle piazze.
La presenza di Garibaldi è uno stimolo esaltante. Dopo mesi di confabulazioni, alle quali partecipano dall’esterno anche gli esiliati come Mazzini, si arriva alla data cruciale del 5 febbraio 1849, quando nel Palazzo della Cancelleria si raduna lo stato maggiore dei rivoluzionari per decidere infine il destino della città e dello Stato che rappresenta.
Una città sonnacchiosa viene improvvisamente risvegliata, proprio nel momento in cui gli Stati circostanti sono tutti d’accordo nel ripristinare lo status quo. Non ripercorreremo qui gli episodi che hanno contraddistinto la guerra, non dichiarata, tra la Repubblica Romana e la Francia, ma ne rivedremo soltanto il percorso urbano dei protagonisti.
Dunque, il comitato promotore dell’Assemblea Costituente romana, dopo le riunioni autunnali propedeutiche del 1848, decide per una data definitiva a fine gennaio 1849. Eccoci dunque al Palazzo della Cancelleria, dove si dichiara aperta l’Assemblea Nazionale Romana: è il 5 febbraio.
Il deputato Sterbini apre la seduta dando la parola al presidente Galletti, che chiama gli altri rappresentanti del popolo, in numero di 140, da dividere in dieci sezioni. Devono avere più di 25 anni per essere eletti. Ce n’è uno di 27, Monghini, tre di 29, Vicentini, Gaiani, Cocconari: sono i più giovani e saranno addetti alla segreteria. Tra i “rappresentanti del popolo” ci sono ovviamente i due tra i maggiori protagonisti: Garibaldi, presente, e Mazzini, che tornerà dalla Toscana un mese dopo.
Garibaldi, col suo solito piglio insofferente delle formalità, chiede che invece di perdere tempo per costituire l’apparato burocratico della nuova entità di governo, se ne decida subito la forma: monarchia o repubblica. E chiede formalmente che sia repubblica. Naturalmente non tutti sono d’accordo. si discuterà e si deciderà soltanto all’alba del 9 febbraio, quando sarà ufficializzata la nascita della Repubblica Romana. Solo due anni prima il papa aveva riformato l’organizzazione municipale, istituendo il Consiglio e il Senato di Roma, cento membri con specifiche prerogative e funzioni: senatore di Roma era il principe Corsini. Nell’assenza del papa, viste le difficoltà incontrate nell’ultimo periodo, era stata nominata una Giunta Suprema.
Questa si dimette, insieme al Senatore, quando l’Assemblea Costituente, disconosciuta dal papa, viene anche scomunicata. È il 9 Febbraio del 1849: all’una e mezza di notte viene approvata solennemente a stragrande maggioranza con 120 voti favorevoli, 10 contrari e 12 astenuti) la Repubblica Romana, che abolisce lo storico potere temporale dei Papi. Nella sede ormai vacante del Senato Romano in Campidoglio si recano i Deputati della nuova repubblica, per annunciare al popolo la proclamazione della sua Costituzione.
Lo annuncerà dal balcone del Palazzo Senatorio il presidente dell’Assemblea, Galletti, contornato dal Comitato Esecutivo (Armellini, Saliceti, Montecchi).
Gli agiografi scrivono di entusiastica partecipazione del popolo, ma in verità i Romani in maggioranza stanno a guardare, avvezzi da sempre a governi, imperi e domìni che sorgono e crollano. I più coinvolti, per complicità col capo dei rivoltosi, Ciceruacchio, sono fra i trasteverini, proprio quelli che pochi anni prima avevano cantato “…ma qui se more, pe difenne er Papa!”.
La costituzione della Guardia Civica e della Forza Armata della nuova Repubblica rivoluzionerà il pacifico torpore dell’Urbe e la preparerà a difenderla dagli attacchi degli invasori-liberatori (i punti di vista sono sempre discordanti, in questi casi, ed è il vincitore a formalizzarli…). Ma questa è un’altra storia, che dura soltanto i… soliti cento giorni. Degna di nota è una frase della proclamazione, firmata dai ministri del Governo repubblicano: “Ogni cittadino che non sia nemico della Patria deve dare pronta e leale adesione a questo governo, […]”. All’insegna della libertà…