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La Via del Giubileo
I recenti lavori di riprogettazione e ristrutturazione di piazza Pia (nome fino a ieri poco noto dello slargo di fronte all'ingresso di via della Conciliazione) con le solite conseguenti polemiche prospettano come sempre il dilemma urbanistico:
cambiare, rinnovare, mantenere? Nella fattispecie, si è trattato di dar continuità al percorso ideale del pellegrino o turista che provenendo dal Centro di Roma voglia recarsi a San Pietro.
La storia dei pellegrinaggi e dei relativi percorsi è troppo vasta per essere esposta in questa sede: è stato nelle intenzioni opera meritoria, limitandoci ad oggi, creare un sottopasso automobilistico per lasciare uno spazio ininterrotto ai pedoni da Castel Sant'Angelo a San Pietro.
Sarebbe certo stato meglio se il percorso non fosse comunque interrotto dal fiume di auto che attraversa via della Conciliazione da via della Traspontina.
Contentiamoci, e veniamo al Giubileo attuale e all'immenso pubblico che si riversa nel Colonnato berniniano.
Se non si fosse aperta settantacinque anni fa quella strada monumentale, dove sarebbe passato quel fiume umano? Alcuni rispondono: attraverso i vicoli tra alti fabbricati, che avrebbero lasciato senza fiato al presentarsi della piazza... Ma costoro sono i praticanti dell'attuale revisionismo storico a senso unico, che in questo caso colpevolizza il responsabile, Mussolini, per avere sventrato la "spina di Borgo", quel coacervo di case, palazzi, palazzetti, casupole che occupava lo spazio oggi aperto alla visuale e alla fruizione, da lungi, della Basilica più famosa al mondo.
Quando fu attuato quello "sventramento", salvo poche voci dubbiose, ci fu unanime consenso ad un'opera attesa da secoli, cioè da quando Bernini ideò il Colonnato.
Si trattava di un'operazione urbanistica studiata da sempre, e che era comunque compresa nei progetti dei politici piemontesi nuovi padroni di Roma, intesi a renderla una capitale "nordica" degna di Parigi.
Progetti che risalgono al 1873 e al 1883, quando si sventravano interi quartieri del Centro per edificare le nuove strade dritte e larghe: via Nazionale, via del Tritone, Corso Vittorio, via Tomacelli, piazza Venezia, viale del Re (Trastevere), i Lungotevere... ben altre demolizioni, mai previste dagli antichi urbanisti romani.
Ciò che aveva bloccato lo sventramento della Spina erano stati sia gli immensi costi per gli espropri e le demolizioni, sia soprattutto la volontà del nuovo Stato italo-piemontese di non dare soddisfazione di alcun tipo al nemico vinto, lo Stato della Chiesa, rinchiuso nella sua prigione vaticana: perché aprirgli una monumentale via di accesso? Già gli insulti alle proprietà della Chiesa erano stati innumerevoli, già il gigantesco monumento al Re d'Italia aveva umiliato con la sua mole perfino il Sacro Colle Capitolino nel nome della grandezza piemontese.
Ma ora, siamo nel 1929, ecco la novità inattesa: la stipula dei Patti Lateranensi con il Concordato.
Il nuovo Stato Vaticano è finalmente riconosciuto sovrano, e il Papa Pio XI si trova a ricevere improvvisamente le visite ufficiali di tutte le delegazioni straniere del mondo.
Cortei infiniti di auto e carrozze si affollano e si intasano nelle viuzze del Borgo dove non mancano edifici fatiscenti e botteghe impresentabili, prima di affacciarsi in piazza San Pietro.
Urge una sistemazione della zona e la creazione di una maestosa via di accesso.
Chi ha il coraggio di cominciare il lavoro è Mussolini, nel 1936, approfittando del "consenso popolare" del momento e della partecipazione delle autorità vaticane col beneplacito del papa Pio XI.
L'operazione di demolizione durerà un anno e la ricostruzione sarà impedita dagli eventi bellici.
Ma subito dopo, il nuovo papa Pio XII indirà il grande Giubileo per l'Anno Santo 1950, e per tale data i lavori saranno ultimati, i palazzi allineati, spostati, restaurati e la spettacolare strada d'accesso alla Basilica Vaticana, intitolata via della Conciliazione, sarà pronta ad accogliere per la prima volta nella storia una folla immensa di fedeli e visitatori.
Sarà realizzato dunque il sogno di urbanisti, fedeli e studiosi, come Pietro Poncini che sulla Strenna dei Romanisti del 1942 irrideva a "coloro che versano sospiri e rimpianti sempiterni sulle memorie della Roma sparita!".
E aggiungeva, entusiasmato dal rapido svolgimento dei lavori: ..."prendiamo qualche istantanea delle vie di accesso michelangiolesco: omeopatica dose che pone sott'occhio lo stato delle sponde tiberine presso Santo Spirito, l'angusto ingresso ai Borghi, spesso trasformato dalle piene in una Venezia improvvisata; le demolizioni della spina famosa, costellata di norcini e di friggitori... I nostalgici sostengono sempre che per godere le bellezze di un salone occorra preventivamente attraversare un corridoio indecoroso.
Si rechino sul luogo e guardino ciò che si è fatto... in anticamera, tuttora non ultimata, ma già degna introduzione ad maiora.
Assistetti di persona agli ultimi colpi di piccone, in piazza Scossacavalli, ognuno dei quali, strappando un lembo di diaframma innanzi alla mirabile Cattedrale, mi sembrò una liberazione, una benedizione divina.
Mentre la cupola e la facciata del San Pietro venivano poco a poco a scoprirsi come uno scenario d'incanto, pensai: l'Oscurantismo vinto e sconfitto per sempre cadeva ai piedi della Civiltà che trionfava; la luce irrompeva dovunque piena, festosa, abbagliante; un inno di gloria correva per l'infinito azzurro di Roma, Madre delle genti!"
[riferimenti e foto di Pietro Poncini sono tratti dalla Strenna dei Romanisti 1942]






















