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Un ponte della musica... poco sentita
Oggi intitolato ad Armando Trovajoli, il Ponte della Musica è la realizzazione di un progetto inglese vincitore di concorso internazionale, sviluppato in fase definitiva con la Società di Ingegneria Carlo Lotti & Associati di Roma con progetto esecutivo della Srl ATP Mario Petrangeli & Associati c
È stato ideato e realizzato per il traffico pedonale, ciclabile e dei mezzi pubblici.
Consiste in un impalcato metallico in acciaio sorretto da due archi ribassati che poggiano su strutture in cemento armato; misura mt.190 di lunghezza, ha una larghezza variante da 22 metri nella parte centrale a 14 alle estremità, con una luce di 187 metri.
I camminamenti esterni del ponte e i corrimano sono realizzati in legno indonesiano bankirai, la parte centrale dell’impalcato è pavimentata con asfalto. Il peso complessivo dell’opera è di 2000 tonnellate.
A Roma da quarant’anni non era stato costruito un nuovo ponte sul Tevere, e questo era avveniristico, spettacolare.
Quando è stato inaugurato dal sindaco Alemanno, nel 2011, ci siamo chiesti se tanta bellezza e ingegnosità non fossero sprecate per un ponte tutto sommato inutile.
Ci avevano assicurato che sarebbe stato utilissimo per congiungere due quartieri, Flaminio e Della Vittorie, e sarebbe stato attraversato dai mezzi pubblici per fornire il collegamento fra il tempio della musica (l’Auditorium) e il tempio dello sport (il Foro Italico)… ma nulla di tutto questo: infatti, un ponte sul nulla, lo ha definito un presidente di Municipio.
Un ponte inutile nella sua appariscenza, appariscente nella sua inutilità.
È vero, è stata prodotta un’opera mirabile per le sue concezioni tecniche e per il risultato estetico.
Ma chi attraversa questo ponte per andare da una zona popolata ad una deserta, priva di qualunque stimolo? Cosa trova l’abitante del Flaminio, fitto di casermoni, attraversato il Tevere, se non un tristissimo Foro Italico deturpato dalla speculazione, dall’ignoranza e dall’incuria: una Casa delle Armi fatiscente senza rimedio, giganteschi mostri di ferraglia decantati come stadi del tennis, una Foresteria privata della sua unica ragione di vita, l’Ostello della Gioventù? Da quell’unico Ostello romano scomparso, non escono più i giovani per andare all’Auditorium attraversando il Fiume.
E dall’Auditorium, nessuno attraversa mezzo Villaggio Olimpico deserto, i palazzoni di via Guido Reni e il fiume di auto sul Lungotevere, per bighellonare sul nuovo ponte e trovarsi sul lato opposto: una strada dove si snoda un altro fiume incessante di auto.
Infatti il bellissimo ponte è molto poco frequentato.
Durante il giorno, nessuno; di notte, giovani sbracati con le loro inseparabili bottiglie in mano che siedono come pellirosse sul fasciame, con gli occhi persi.
E per loro fortuna c’è almeno quel bel pavimento di legno esotico, montato due volte perché la prima era con tavole fallate.
C’è voluto molto più tempo per edificarlo, nonostante i mezzi moderni, di quanto fu richiesto a suo tempo per i due capolavori architettonici che lo affiancano.
A sud, Ponte Risorgimento, che è stato costruito in quindici mesi, nel 1911.
Quindici mesi, più di un secolo fa! … senza tubolari, la prima grande opera italiana in cemento armato: lungo mt. 159, una sola arcata con una chiave in volta di 85 centimetri, luce max mt. 100, larghezza mt. 20.
A nord, Ponte Duca d’Aosta, del 1939, spettacolare nella sua linea slanciata e sottile, bianco di marmi e anch’esso… senza tubi: lunghezza mt. 222, arcate 3, luce max mt. 100, larghezza mt. 21, progettato dall’arch. Vincenzo Fasolo.
Rivedendo oggi le tecniche di fabbricazione di allora, per non parlare del gusto estetico, viene da chiedersi come si potessero progettare e realizzare opere così funzionali ed eleganti in tempi così brevi.
Questo ponte, dicono, mostrerà la sua utilità quando vi passerà un tram… Ma la tanto sproloquiata cura del ferro probabilmente non sarà attuata (per fortuna, dice qualcuno), oppure sarà realizzata in sotterranea; e comunque, valeva la pena spendere otto milioni di euro per l’ipotetico percorso di un tram che poteva passare su un ponte vicino già esistente?
Qualcuno ha detto, tempo fa: “Dato che costruire un ponte è sempre una violenza al Fiume, oltre che una enorme spesa, se proprio dovevate farlo, almeno potevate aprirlo alla circolazione veicolare.
Se non altro avrebbe uno scopo: quello di snellire il traffico…”
È un bel ponte, comunque.
A guardarlo di sghimbescio, con il Foro Italico sullo sfondo, ha un richiamo d’effetto: i tubolari bianchi si accostano bene allo sfondo di tubi e plastica bianca che incastella l’ex Stadio Olimpico in una enorme torta di panna o come dicono alcuni, in una bianca corona di spine.
Quella della sofferenza e della pazienza dei Romani.






















