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Normativa condominio

Normativa condominio

La Normativa e il Condominio

Azioni possessorie e petitorie nel condominio

Azioni possessorie e petitorie nel condominio

Azioni possessorie e petitorie (sintetica disamina)


Reintegrazione (art.1168 c.c.) elementi costituitivi dello spoglio sono la violenza e la clandestinità dai quali si può risalire all’animus spoliandi. La violenza quale presupposto dell’azione di spoglio implica che questo venga commesso con atti contro la volontà del possessore e non deve necessariamente consistere in attività materiale ma sono sufficienti ad integrarla anche atti di costringimento morale; la clandestinità, invece, si concretizza quando l’atto viene posto in essere all’insaputa di chi subisce lo spoglio. L’animus spoliandi, quale elemento soggettivo, risiede nella consapevolezza di ledere l’altrui signoria sul bene.

Manutenzione (art. 1170) Mentre lo spoglio incide direttamente sulla cosa sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, la molestia si risolve contro l’attività di godimento del possessore disturbandone il pacifico esercizio ovvero rendendolo difficoltoso. Elemento soggettivo è l’animus turbandi che consiste nella volontarietà del fatto lesivo e determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza che esso è idoneo a modificarne o limitarne l’esercizio.

Tra le azioni possessorie sono ricomprese anche le azioni di nunciazione: denuncia di nuova opera (art. 1171) e denuncia di danno temuto (art. 1172) 

La caratteristica è quella di tutelare la situazione del possesso a prescindere dalla legittimità dello stesso.

Legittimato attivo è solo il possessore mentre la legittimazione passiva coinvolge sia l’autore materiale che l’autore morale.

Diversa è la disciplina delle azioni petitorie a presidio delle possibili lesioni che l’interesse del proprietario può subire, disciplinate nel libro terzo del codice civile esplicitamente intitolato “delle azioni a difesa della proprietà”.

Rivendicazione (art. 948) l’attore afferma in giudizio di essere titolare di un determinato bene e chiede una sentenza che, previo accertamento della titolarità del diritto di proprietà da lui vantato, condanni l’attuale possessore o detentore alla restituzione. L’attore è tenuto a fornire la prova rigorosa del vantato dominio e, quindi, a giustificare la proprietà del bene risalendo ad un acquisto a titolo originario ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione.

Negatoria (art. 949) il proprietario può agire per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temere pregiudizio. Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno.

Regolamento dei confini (art. 950) è esperibile quando il confine tra due fondi è incerto, in tal caso ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. È ammesso ogni mezzo di prova e in mancanza di altri elementi il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali. Tale azione verte quindi sulla determinazione quantitativa dei fondi e non sulla contestazione del titolo giuridico.

Apposizione di termini (art. 951) se i termini tra fondi mancano o sono divenuti irriconoscibili ciascun proprietario ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni.

L’azione possessoria e quella petitoria sono reciprocamente indipendenti. Il cumulo dei giudizi è precluso, nel senso che il giudizio petitorio può essere intentato solo dopo aver esaurito quello possessorio, a meno che, dall’applicazione del divieto di cumulo possa derivare un pregiudizio irreparabile al proprietario (Corte Cost. 25/1992).

Legittimazione attiva e passiva dell’amministratore

Il potere rappresentativo che compete all’amministratore del condominio ex artt. 1130 e 1131 c.c. e che, sul piano processuale, si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell’edificio, comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, con esclusione soltanto di quelle azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui si riferiscono, esulando, pertanto, dall’ambito degli atti conservativi. Resta esclusa, di conseguenza, la possibilità di esperimento di azioni reali, contro i singoli condomini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità o al contenuto di diritti su cose e parti dell’edificio  (cass. 7327/2013).

Le azioni reali da esperirsi contro singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’ammini-stratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c.) possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art.1131, primo comma, c.c. adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c. (Cass. 2570/2016).

E’ stata pertanto ritenuta sussistente la legittimazione dell’amministratore ad agire giudizialmente senza previo mandato assembleare con azione volta al ripristino dei luoghi in caso di abusiva occupazione di una porzione di area condominiale mediante la costruzione di un manufatto di proprietà esclusiva.

Il condominio è compossessore, unitamente agli altri condomini delle parti comuni dell’edificio condominiale e, pertanto, è legittimato a chiedere la tutela possessoria contro gli attentati all’esercizio di tale possesso (Cass. 17686/2003).

Poiché il rapporto di condominio non determina l’esistenza di un ente giuridico con personalità distinta da quella dei condomini, ma dà solo luogo ad un ente di gestione, che opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, i singoli condomini, pur in presenza dell’organo rappresentativo unitario, non sono privati del potere di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni, inerenti all’immobile condominiale, né, conseguentemente, di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata già legittimamente assunta dall’amministratore o di avvalersi di mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore medesimo (Cass. 7130/2001)

Le azioni di rivendicazione secondo consolidato orientamento (Cass. 40/2015, Cass. 3044/2009; Cass. 5147/2003) non rientrano nel novero degli atti conservativi.

L’amministratore può agire al fine di rivendicare la proprietà comune dei beni purchè sia munito di apposita delibera di autorizzazione (Cass. 2570/2016).

Quanto alla legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, la S.C. ha stabilito invece che ai sensi dell’art. 1131 c.c., comma 2, la stessa non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino (Cass. 16901/2012).

L’amministratore ha l’obbligo di riferire all’assemblea ma è un adempimento di rilevanza interna che non incide sui suoi poteri rappresentativi processuali sanzionato dalla possibile revoca del mandato e risarcimento del danno.

Il principio che la legittimazione passiva dell’amministratore prevista dall’art. 1131 comma 2, ha portata generale in quanto estesa ad ogni interesse condominiale e sussiste pertanto anche con riguardo alla domanda proposta da un condomino o da un terzo di accertamento della proprietà esclusiva di un bene senza che sia necessaria la partecipazione in giudizio di tutti i condomini, è stato recentemente in più occasioni statuito (Cass. 25634/2014).

Beni condominiali – regolamento di condominio

Ai sensi dell’art. 1117, n. 1, c.c., rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio delle singole proprietà.

Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari bensì nell’atto costitutivo del condominio.

Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art. 1117 c.c., infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto il negozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. (Cass. 13450/2016).

Qualificazione di spoglio o turbativa principio di diritto

Non ogni modifica apportata da un terzo alla situazione oggettiva in cui si sostanzia il possesso costituisce spoglio o turbativa, essendo sempre necessario che tale modifica comprometta in modo giuridicamente apprezzabile l’esercizio del possesso.

Efficacia della sentenza resa nel giudizio possessorio in quello petitorio

Il giudizio possessorio e quello petitorio sono caratterizzati dalla diversità di “petitum” e “causa petendi”, giacchè il giudizio petitorio è volto alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre il giudizio possessorio tende soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un’azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale, indipendentemente dall’esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponde e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune “restitutiones in integrum” (Cass. 13450/13).

Da ciò consegue che la sentenza resa sulla domanda possessoria non possa avere autorità di cosa giudicata nel giudizio petitorio.

Responsabilità dell’amministratore che omette di agire

L’amministratore ha il potere-dovere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio condominiale con conseguente responsabilità in ordine agli atti conservativi che avrebbe dovuto compiere e non ha compiuto.

Casistica

La facciata e il relativo decoro architettonico dell’edificio costituiscono un modo di essere dell’immobile e così un elemento del modo di godimento da parte del suo possessore. Di conseguenza, la modifica delle facciate, comportando una interferenza nel godimento medesimo può integrare una indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria (Cass. 7069/1995).

La violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo contro la quale è data l’azione di manutenzione e anche quanto tale violazione non ne comprime “di fatto” l’esercizio del possesso importa automaticamente una modificazione o restrizione delle relative facoltà. (Cass. 17868/2003)

Anche nel caso di apposizione di tavoli, sedie ed ombrelloni con delimitazione di un’area con fioriere sussistono gli estremi dello spoglio (Trib. Bari sent. 374/2010)

L’apposizione di un cancello nello spazio condominiale “è passibile di azione di reintegrazione, ai sensi dell’art.1168 c.c., colui che , consapevole di un possesso in atto da parte di altro soggetto, anche se ritenuto indebito, sovverta, clandestinamente o violentemente a proprio vantaggio la signoria di fatto sul bene nel convincimento di operare nell’esercizio di un proprio diritto reale, essendo in tali casi l’animus spoliandi in re ipsa” (Cass. 5215/2014)

E’ stata invece esclusa la tutela possessoria nel caso in cui un condomino parcheggiava la propria autovettura in modo tale da rendere difficoltoso il transito ed inibiva l’uso di una porzione di cortile da parte degli altri condomini. Il tribunale ha infatti sottolineato che “è ravvisabile una lesione possessoria solo quando taluno dei soggetti coinvolti abbia alterato o violato, senza il consenso e in pregiudizio degli altri partecipanti, lo stato di fatto o la destinazione della cosa oggetto del comune possesso, in modo da impedire o restringere il godimento spettante a ciascun compossessore sulla cosa medesima mediante atti integranti un comportamento durevole, tale da evidenziare un possesso esclusivo animo domini su tutta la cosa – o su tutta una parte di essa – condotta incompatibile con il permanere del possesso altrui” (Trib. Nola 4.2.2014).
di Fabio Casinovi (Consulente legale di ANACI Roma) © Riproduzione riservata

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