
Normativa condominio
La Normativa e il Condominio
Il bilancio condominiale è legittimamente redatto ed approvato se rispetta i criteri di intellegibilità e chiarezza e non può essere impugnato per motivi di congruità e convenienza delle spese
Corte di Cassazione, ordinanza 8 giugno 2020, n. 10844
In questa interessante pronuncia la Suprema Corte ribadisce nuovamente il proprio orientamento sui criteri di redazione del bilancio condominiale, che sono non già quelli rigorosi e complessi dettati per i bilanci societari, ma sono ispirati soprattutto alla comprensibilità dei conteggi da parte dei condòmini.
La controversia è originata dalla impugnazione del bilancio da parte di un condòmino, il quale non solo contesta le modalità di redazione del bilancio da parte dell’amministratore, ma contesta anche la congruità delle singole spese sostenute.
Stabilisce l’ordinanza in commento che per la validità della delibera di approvazione del bilancio condominiale, non è necessario che la relativa contabilità sia tenuta dall’amministratore con rigorose forme analoghe a quelle previste per i bilanci delle società, essendo invece sufficiente che essa sia idonea a rendere intellegibile ai condomini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, fornendo la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percepiti e delle somme incassate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione, e ciò comunque alla stregua di valutazione di fatto che spetta al giudice di merito non denunciabile in sede di legittimità.
Inoltre, aggiunge l’ordinanza, per il disposto degli art. 1135 e 1137 c.c., la deliberazione dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell’amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti, nel termine stabilito dall’art. 1137 c.c., non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di legittimità, restando perciò escluso ogni sindacato giudiziale sulla consistenza degli esborsi o sulla convenienza delle scelte gestionali.