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Normativa condominio

Normativa condominio

La Normativa e il Condominio

modifica verbale assemblea

Modificabilità e correzione del verbale dell'assemblea dopo la conclusione della seduta

I verbali delle sedute assembleari sono la rappresentazione della 'storia' del condominio: si può dire che, scorrendone le pagine, passa davanti agli occhi il 'film' della vita condominiale.


Pur manifestando, dunque, il verbale un’importanza fondamentale in materia condominiale, il legislatore (anche dopo la riforma del 2012) ha ritenuto di dettare una disciplina in termini inversamente proporzionali alla rilevanza di tale istituto.

L’unica norma del Codice Civile che si occupa del verbale di assemblea è l’ultimo comma dell’art.1136, a mente del quale “delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore”.

La disciplina è telegrafica: ogni seduta assembleare deve essere descritta in un processo verbale (il codice in realtà si riferisce in particolare alle deliberazioni dell’assemblea, ma il verbale deve riportare, ancorché sinteticamente, anche la descrizione di ciò che avviene durante la seduta, le dichiarazioni dei partecipanti e le eventuali discussioni tra i condòmini).

Del verbale viene redatto un originale, che deve essere sottoscritto dal Presidente e dal Segretario e che deve poi essere trascritto in un registro che l’Amministratore conserva ed è tenuto a trasmettere al suo successore in sede di passaggio delle consegne.

Il Codice Civile si ferma qui: è stata la giurisprudenza a fornire un’ elaborazione interpretativa dell’istituto.

Va subito evidenziato come le modalità di redazione del verbale in materia condominiale non siano differenti da quelle proprie di ogni procedimento collegiale di adozione di provvedimenti e delibere: il verbale ha la funzione di documentare lo svolgimento delle attività compiute in sede assembleare, anche e soprattutto al fine di fornire a tutti i partecipanti un mezzo di controllo sulla regolarità dello svolgimento del procedimento collegiale e sul contenuto delle delibere assunte ed un documento probatorio in sede giudiziaria.

Circa la natura giuridica, nessun dubbio sul fatto che il verbale assembleare non sia un atto pubblico e che nessuno dei firmatari, né il Presidente, né il Segretario siano pubblici ufficiali, con la conseguenza che, se un condòmino lamenta l’erroneità di un verbale, non è necessario che ricorra a proporre una querela di falso.

Secondo la giurisprudenza univoca, il verbale è semplicemente un documento atto ad attestare ciò che avviene in assemblea, cioè la descrizione di quanto è avvenuto in una determinata riunione: la Cassazione ritiene il verbale la “narrazione dei fatti nei quali si concreta la storicità di un’azione”, per cui “deve attestare o «fotografare» quanto avviene in assemblea1, con il logico corollario che “da esso devono risultare tutte le condizioni di validità della deliberazione, senza incertezze o dubbi, non essendo consentito fare ricorso a presunzioni per colmarne le lacune2.

Abbiamo detto che il legislatore non ha sancito alcuna regola in merito alla redazione del verbale, anche se, alla luce dell’elaborazione interpretativa giurisprudenziale, vi sono alcuni requisiti che vanno considerati indefettibilmente necessari per la validità: non può mancare ovviamente l’ indicazione della data in cui l’assemblea si costituisce e dell’ordine del giorno da discutere, così come l’elenco nominativo dei partecipanti intervenuti di persona o per delega, l’indicazione dei nomi dei condòmini assenzienti e di quelli dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali (tale individuazione è in particolare indispensabile per la verifica dell’esistenza dei quorum costitutivi e deliberativi prescritti dalla normativa).

Una volta che il verbale viene redatto nei modi che ne garantiscano la validità, esso offre una prova presuntiva dei fatti che afferma in essa essersi
verificati3.

Dunque il verbale di assemblea condominiale è un atto di natura privata ed esso “può essere impiegato per consacrare particolari accordi fra il condominio ed uno dei condomini, purché il documento sia sottoscritto da tutti i contraenti; in tal modo esso acquista l’effetto probante e la funzione propria della scrittura privata, fa fede della manifestazione di volontà contrattuale di tutti gli intervenuti e la sottoscrizione vale a conferire alla convenzione la forma scritta che sia richiesta ad substantiam4.

Per completezza va registrato un intervento della Suprema Corte, che ha ritenuto il verbale assembleare, quantunque privo di sottoscrizione del Presidente e del Segretario, rientrare nel novero delle dichiarazioni di scienza con efficacia di una confessione stragiudiziale5, pronuncia singolare in quanto fa derivare i gravissimi effetti previsti dall’art. 2730 c.c. da una delibera mancante di uno dei requisiti essenziali, la sottoscrizione del Presidente e del Segretario, anche se limitatamente ai condòmini presenti ed assenzienti.

Una delle questioni che più angustiano gli operatori del settore condominiale (condòmini ed amministratore), riguarda l’ipotesi in cui nel verbale lo svolgersi della seduta sia stato descritto in termini erronei (si pensi, in particolare, alla registrazione come assente di un condòmino in realtà presente, fondamentale ai fini della formazione delle maggioranze) e soprattutto le modalità necessarie per correggere gli errori.

Come abbiamo detto, la normativa è talmente succinta da non aver previsto in alcun modo una tale eventualità, per cui si può dire che nel nostro diritto positivo non viene disciplinato alcun procedimento di correzione degli errori materiali delle delibere assembleari consacrate nei relativi verbali.

La questione assume un’importanza fondamentale: tutti i condòmini, soprattutto quelli assenti e dissenzienti (che possono impugnare la delibera assembleare), hanno il diritto di verificare, tramite l’esame del processo verbale, se quanto attestato a firma del Presidente e del Segretario corrisponda fedelmente al reale svolgimento delle sedute ed alla sussistenza dei requisiti di validità delle delibere e, in caso di impugnazione di una delibera assembleare proprio in ragione dell’errore di verbalizzazione, incombe sul condòmino attore l’onere della prova6.

Venendo al punto nodale del presente lavoro - il momento in cui il verbale assembleare deve essere redatto - è inutile ribadire che il legislatore del codice civile si astiene dal fornire disciplina alcuna. Peraltro, considerate le conseguenze derivanti dalla verbalizzazione, è opportuno che la redazione venga eseguita con una particolare attenzione, ma non sono rari i casi di discrasia tra quanto riportato in verbale ed il reale svolgimento delle sedute.

La giurisprudenza è ormai univocamente indirizzata nel senso che, essendo il verbale un atto privato che consiste nella narrazione dei fatti avvenuti in assemblea, la redazione (e, a maggior ragione, l’eventuale correzione) può avvenire anche in un momento successivo alla chiusura della seduta.

Dunque il verbale non deve essere necessariamente “chiuso” nel corso della riunione e alla presenza dei condòmini costituiti in assemblea, ma, spiega la Cassazione in una recentissima sentenza7, “può essere approvato e (eventualmente) modificato in un momento successivo. Non esistono, infatti, divieti di legge che stabiliscano l’obbligo di approvare il verbale nel corso della stessa assemblea. È quindi legittima la correzione dopo la chiusura della riunione.

Secondo l’interpretazione dei Giudici di legittimità, essendo il verbale “narrazione dei fatti nei quali si concreta la storicità di un’azione… non incide sulla validità del verbale la mancata indicazione, in esso, del totale dei partecipanti al condominio, se a tale ricognizione e rilevazione non ha proceduto l’assemblea stessa, nel corso dei suoi lavori”, talché la correzione apportata nella copia del verbale assembleare consegnata ai condòmini non inficia la validità della deliberazione assunta, in quanto, “eliminato l’errore materiale del computo dei millesimi e tenuto conto dell’effettiva partecipazione dei condomini presenti (anche per delega), era stato raggiunto il quorum necessario”.

Dunque, quando la non corrispondenza tra verbalizzazione e reale svolgimento della seduta (in particolare in merito alla effettiva partecipazione di un condòmino ritenuto assente ovvero alla corretta indicazione dei millesimi di proprietà) è dovuta ad un errore materiale, la mera correzione che si concretizza in una apparente modificazione del verbale, operata dal segretario e sottoscritta anche dal Presidente, è da ritenersi legittima, ancorché effettuata dopo il termine dell’assemblea, “ben potendo il verbale essere redatto - e quindi a maggior ragione corretto, ove si riscontrasse un errore materiale - al termine o dopo la conclusione dell’assemblea, e risultando lo stesso ritualmente sottoscritto dal Presidente e dalla segretaria che lo aveva redatto e che vi aveva introdotto le correzioni8.

Il punto centrale è pertanto quello della qualificazione della difformità esistente nel verbale: se si tratta di errore materiale, nel senso che effettivamente la verbalizzazione, a causa di un mero refuso, non corrisponde al reale svolgimento della seduta (ad esempio il condòmino Tizio, realmente presente, risultava a verbale assente o al condòmino Caio, titolare di una certa caratura millesimale, ne è stata in verbale attribuita un’altra), la correzione può essere legittimamente effettuata anche dopo la conclusione dell’assemblea, alla luce del fatto che nessuna disposizione sancisce che il verbale debba essere approvato in assemblea.

Fermo tale principio, appare evidente che eventuali imprecisioni ed errori materiali del verbale possono essere ovviati attraverso un unico rimedio: l’intervento correttivo del Presidente e del Segretario, salvi ovviamente la delibera correttiva dell’assemblea in altra seduta specificamente convocata o il ricorso all’Autorità Giudiziaria.

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1   Cassazione 2ª Sezione Civile, sentenza n. 24132 del 13 novembre 2009.

2   Cfr. Cassazione 2ª Sezione Civile, sentenza n. 6552 del 31 marzo 2015.

3   Con sentenza n. 12119 dell’11 novembre 1992, la Cassazione ha ritenuto “il verbale relativo alla regolare costituzione dell’assemblea, anche se è fonte di prova contestabile con qualunque mezzo… prova attendibile dello svolgimento dei fatti, anche in ordine alla indicazione dei presenti, alla loro legittimazione e al capitale che rappresentano. Spetta quindi al condomino che deduce la invalidità della costituzione dell’assemblea condominiale fornire la prova del vizio di costituzione dell’assemblea deliberante posto a fondamento della pretesa”.

4   Cfr. Cassazione, sentenza n. 2297 del 19 marzo 1996.

5   Cassazione, sentenza n. 23687 del 9 novembre 1996.

6   Secondo la già citata sentenza della Cassazione n. 12119 dell’11 novembre 1992, “ spetta al condomino il quale impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo assunto”.

7   Cfr. Cassazione 2ª Sezione Civile, sentenza n. 6552 del 31 marzo 2015.

8   Così sempre la citata sentenza n. 6552 del 31 marzo 2015.


di Antonino Spinoso (Consulente legale di ANACI Roma) © Riproduzione riservata